Un doloroso addio: Kobe Bryant
27 Gennaio 2020
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26 gennaio 2020: una data da ricordare per l’NBA americano
I Los Angeles Lakers dicono addio alla loro bandiera, nonchè giocatore di punta, per oltre 20 anni: Kobe Bryant.
A soli 41 anni, il campione lascia la moglie e due figlie. Fatidico lo schianto del suo elicottero sulle colline di Los Angeles, si dice causato da nebbia. Probabilmente Bryant insieme alla sua primogenita Gianna Maria, due sue compagne, la sua aiuto allenatrice e i genitori delle ragazze stavano recandosi al Mamba Sport Center, fondato da Kobe dopo il suo ritiro, per prepararsi alla partita di campionato in cui militava la figlia.
“Mamba Nero” così era anche conosciuto Bryant, nomignolo scelto da lui e derivato dal serpente che appare in Kill Bill Volume 2 e che ricorda i suoi movimenti sul campo.
A soli 18 anni esordì nella National League con gli Charlotte Hornets e a 20 anni ceduto ai Lakers, a soli 34 anni già più di 30.000 punti segnati a canestri. Con i Lakers ha vinto tutto! Il cinque “anelli”, il campionato Nba, due titoli di Mvp (miglior giocatore) nelle finali del 2009 e 2010, due titoli di capocannoniere della stagione regolare. Dal 2007 al 2012 ha giocato anche nella nazionale Usa, con cui ha vinto due medaglie d’oro alle olimpiadi di Pechino 2008 e Londra 2012.
Entrato di diritto nella Hall of Fame del Basket e superato da pochissime ore dal compagno Lebron James che gli ha addirittura dedicato un tatuaggio, a Kobe è stato assegnato nel 2017 un oscar per il miglior cortometraggio nato dalla sua lettera di addio “Dear Basketball“.
Dopo il suo addio i Lakers hanno ritirato entrambe le maglie a lui appartenute, l’8 e il 24, e i Dallas Mavericks, coprotagonista di numerosi finali Nba, hanno ritirato in onore del cestista, ambasciatore del basket, il numero 24.
Una parte di Stati Unito se n’è andata con lui così come una parte d’Italia. Il campione infatti ha passato una parte della sua adolescenza qui (dai 6 ai 13 anni) ed è proprio nel Bel Paese che ha mosso i suoi primi passi nell’universo della pallacanestro tanto da ritenerla la sua seconda patria.
Molteplici i cordogli e le manifestazioni di affetto nei suoi confronti nei luoghi della sua infanzia e sui campi sportivi. Difficile però capire perché i Lakers abbiano twittato il loro saluto solo dopo un giorno dall’incidente.
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Kobe Bryant era una di quelle persone che t’immagini indistruttibili…che riposi in pace lui e sua figlia…
Mio figlio gioca a Basket e per anni ha avuto il poster di Kobe Briant appeso in cameretta. La settimana scorsa l’ha tolto. Ma “per rispetto”, mi ha detto. L’ha messo via, insieme alle cose importanti.
Ricordo che nel mondo era già successo di tutto, e quella morte improvvisa fu l’ennesima tragedia. Sembra passata un’eternità, eppure questo 2020 non ci lascia ancora tregua.
In tantissimi anni che sono sposata non ho mai visto mio marito piangere nemmeno per una mancanza famigliare. Per lui come per tanti un esempio da seguire, un uomo da imitare.
Ricordo, in quei giorni, la bacheca di facebook inondata da messaggi di commozione. Alcuni mi sembravano davvero sinceri. Ricordo anche di aver pensato che, probabilmente, era davvero una persona speciale.
Kobe era uno dei cestisti che preferivo e sono stata particolarmente colpita dalla sua morte. Una di quelle persone che lasciano il segno.
Ricordo quel giorno anche se personalmente non ho mai seguito l’ NBA. Davvero una cosa triste.